Vittoria Chierici nasce a Bologna nel 1955 ed è tra i primi laureati in storia dell’arte al DAMS; si trasferisce poi a New York per continuare gli studi alla Columbia University ed alla School of Visual Arts dove si occupa di fotografia , video e pittura.
La sua avventura nell’arte inizia nella metropoli americana dove collabora con l’artista Manuela Filiaci nella gestione di The parallel window, un innovativo spazio espositivo dedicato agli artisti emergenti. Tornata a Bologna, nel 1983 si unisce al gruppo di giovani artisti Enfatisti guidato da Francesca Alinovi e partecipa alle loro serate alla Galleria Neon. Irrequieta e curiosa, si immerge interamente nel fermento creativo dell’avanguardia italiana degli anni ’80, maturando un personale approccio all’arte che fin dall’inizio rivela la sua natura multimediale, gestuale, nomade, in equilibrio tra museo ed innovazione. Si trasferisce quindi a Milano, l’unica città italiana di respiro internazionale dove le cose accadono come a New York ed espone assieme al gruppo Zeffiri Milanesi nello studio del curatore Corrado Levi: i suoi quadri, che coniugano il rigore dei grandi astrattisti italiani con un segno istintivo che rimanda all’Espressionismo Astratto americano, sono preciso sismografo di una generazione vitale ed impegnata.
La notorietà internazionale arriva nel 1989 con la serie Coca Cola Classics che dopo essere stata esposta in diverse città europee tra cui Londra, Torino e Milano rappresenta l’Italia a Tokyo alla mostra 7 artists, organizzata da INFAS e dalla famiglia di Hanae Mori. La sua rielaborazione delle Green Coca Cola bottles di Andy Warhol è al tempo stesso portatrice e contestatrice della cultura moderna, liberamente utilizzata come veicolo di uno stato d’animo personale.
Nei primi anni ’90 ha inizio il ciclo intitolato Galla Placidia, in cui l’artista ridisegna le stelle del noto mosaico bizantino ravennate sostituendole con palle da tennis realizzate con differenti tecniche e varianti compositive: un linguaggio di matrice pop ritrova un inaspettato legame con la storia diventando sorprendentemente poetico e ironico al tempo stesso.
Nel frattempo la Chierici è attiva nel dibattito culturale: collabora con la rivista Slam, con il giornale satirico Infarto, pubblica il libro Aftermath in cui unisce la sua esperienza di artista alla formazione da storica dell’arte, è assistente di Corrado Levi e Beppe Finessi alla Facoltà di Design del Politecnico di Milano.
La produzione artistica degli anni ’90 è quasi interamente assorbita dal tema delle Battaglie: da Anghiari a Montaperti alle guerre del Golfo passando per Guernica si confronta con un genere storico sempre attuale mettendone a fuoco la drammaticità attraverso composizioni digitali attraversate da una pittura perentoria lontana da una facile mediazione naturalistica. Nel 2000 riceve dal Comune di Anghiari la commissione per un lavoro sullo scomparso affresco di Leonardo da Vinci, intraprendendo sulla base dei frammentari disegni originali una ricostruzione integrale della battaglia leonardesca che diventa opera d’arte contemporanea attraverso la rielaborazione digitale e pittorica.
L’incontro a New York con la danzatrice contemporanea Mandy Kirshner orienta il suo interesse verso lo studio delle dinamiche di questa disciplina e nel 2009, dopo aver fotografato per anni le prove della compagnia di danza, la Chierici crea la scenografia per Montauk uno spettacolo della coreografa Liz Gerring in cui le immagini digitali si trasformano in disegni e moltiplicano lo spazio ed i movimenti dei ballerini sulla scena.
La danza meccanica di una trivellatrice industriale e di moderni mulini a vento in una campagna assolata è invece il soggetto di Wolf Chaser, film ideato da Vittoria nel 2008 ed edito da Phil Hartley. Il movimento rallentato, scomposto e amplificato dal colore tramite rielaborazione digitale sembra perdere la sua natura artificiale e tornare a far parte dell’armonia del mondo trovando la propria voce nella pièce musicale per violino, percussioni e fanoni di balena composta da Eve Beglarian.
Nel 2009 realizza in collaborazione con la musicista ANA Milosavljevic e la film maker Yuko Takebe il film Luci in the sky utilizzando fotogrammi scartati delle riprese notturne del Comitato Italiano per il Progetto Hessdalen diretto dall’amico Renzo Cabassi. In queste immagini il contrasto tra l’infinitamente lontano del cielo abitato da luci eteree e la breve vita delle creature notturne che accidentalmente vengono riprese dalla telecamera fissa trova pace nelle note di una musica struggente.
Nel 2012 Vittoria si imbarca su una nave mercantile per impadronirsi dell’oceano: nasce il progetto Sailing away to paint the sea, in cui l’artista registra con foto e pennellate astratte tutti gli aspetti dell’acqua che percorre inseguendo l’unità di luce tempo e movimento che costituisce l’essenza di questo elemento primordiale. Le riprese video realizzate durante il viaggio come diario di bordo vengono rielaborate assieme al film maker David Roy e generano due filmati completati dalle colonne sonore originali di Charles Edmond Brigg e Maurizio Pisati.
Vittoria Chierici è un’artista visiva che lavora a progetto come farebbe un architetto, le sue opere sono accomunate dalla dedizione ad un’idea fissa che viene caparbiamente approfondita attraverso infinite variazioni fino al punto in cui la ripetizione moltiplicata rivela tutti gli aspetti del problema.
La sua cifra stilistica sta nell’usare ogni tecnica al servizio del suo istinto e del suo pensiero, la sua rielaborazione grafica e pittorica è al di fuori di ogni logica formalistica e si applica indifferentemente alle immagini della storia dell’arte o alla realtà dei luoghi del mondo in cui la passione la conduce.
Preferisce realizzare il suo lavoro nel luogo del progetto per assorbirne tutte le sollecitazioni, scompone in immagini l’oggetto della sua ossessione per rivelarne i rapporti di tensione tra le parti e la compresenza di forze, tenta sintassi differenti per fondare nuovi equilibri.
Le sue opere sono un dato di fatto che liquidano il concetto di originalità inteso come valore, sono fredde nella loro vocazione analitica e appassionate nel riflettere una reale urgenza interiore, subiscono il fascino del colore senza esserne succubi.
EMANUELA ZANON